CORSO PER AMMINISTRATORI DEGLI ENTI LOCALI
Il segretario comunale e il direttore generale
LE FUNZIONI DEL SEGRETARIO COMUNALE
Relatrice: Dott.ssa Annalisa Di Piazza
1. Premessa
- La teoria delle organizzazioni ha consentito di elaborare delle categorie concettuali
che sono di utilità nei processi di analisi delle organizzazioni e che facilitano
la descrizione delle caratteristiche organizzative di base.
L' organizzazione delineata dal T.U. per gli enti locali è caratterizzata dalla
assegnazione alla dirigenza delle funzioni manageriali, con attribuzione agli stessi
di ampi margini di autonomia.
Una struttura articolata in questo modo richiede un momento di raccordo ad unità
perché l' autonomia dei singoli dirigenti possa essere incanalata verso la realizzazione
di obiettivi comuni o coerenti tra di loro.
Questa reductio ad unum può essere articolata, all' interno dell' ente, in
diversi modi che consistono essenzialmente in differenti modi di regolare i rapporti
interorganici all' interno dell' ente.
In linea di massima la lettura delle disposizioni del T.U.E.L. consentono di costruire
senza troppa difficoltà i rapporti tra gli attori principali del sistema e, dunque,
tra gli organi politici e tra questi e i dirigenti.
Le norme risultano meno chiare, invece, nel delineare i rapporti tra direttore e
segretario e dirigenti e, soprattutto, i rapporti e la differenza di ruolo che esiste
tra le figure del segretario e del direttore generale.
Questa distinzione è ulteriormente complicata dalla possibilità, riconosciuta dalla
legge, di avere un segretario che al contempo sia anche direttore generale.
In ogni caso le figure del segretario e del direttore generale, nonostante le ambiguità
riscontratesi nella prassi applicativa, rimangono giuridicamente due figure distinte
cui il legislatore attribuisce funzioni differenti.
Risulta quanto mai fondamentale, pertanto, una ricognizione delle due figure diretta
a darne la più corretta collocazione all' interno dell' organizzazione amministrativa
e ad una piena comprensione dei compiti che la legge attribuisce loro.
2. Le funzioni del segretario comunale
- I compiti che la legge attribuisce al segretario comunale sono elencati all' art.
97 del D.L. 267/2000.
L' elenco che ricaviamo dalla norma è quanto mai vario per le profonda diversità
che caratterizza i diversi compiti attribuiti al segretario, per cui risulta opportuno
suddividerlo in sottocategorie costruite in relazione all' omogeneità dei compiti
stessi, determinata sia in relazione ai contenuti degli stessi e alla competenza
e professionalità che il loro esercizio implica.
2.1 Attività a contenuto giuridico.
- I primi punti dell' elenco sopra riportato possono essere ricondotti tutti ad una
unica categoria e rappresentano il nucleo minimo e imprescindibile dell' attività
del segretario comunale, che può essere ampliato ma non diminuito. Possiamo pertanto
definire questa prima sottocategoria di compiti come il nucleo indefettibile dell'
attività del segretario. In questa categoria vanno ricondotte anche le altre attività
ricondotte al segretario comunale da disposizioni di legge esterne al T.U.E.L.
In via esemplificativa, tra queste funzioni ulteriori, possiamo citare la levata
dei protesti cambiari, le competenze in materia di servizio elettorale, una generale
potestà certificativa sull' attività dell' ente e dei singoli organi dell' ente(ad
esempio per attestare la partecipazione alle sedute ai fini dei permessi degli amministratori).
Il minimo comune denominatore di questo nucleo base di funzioni è intimamente legato,
in tutta evidenza, alla funzione di garanzia della legalità dell' attività amministrativa
che storicamente è stata attribuita al segretario e rappresentano, pertanto, la
parte meno innovativa dei compiti attribuiti al segretario.
Tale gruppo di attività, proprio perché derivanti dal ruolo tradizionale del segretario,
rinviano a competenze normative e legali più che gestionali e possono essere sinteticamente
identificate come attività a contenuto giuridico.
2.2 Attività a contenuto gestionale
- La lettera d) dell' art. 97 del T.U.E.L. stabilisce che il segretario "esercita
ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli
dal sindaco o dal presidente della provincia."
Ai sensi di tale disposizione, quindi, fonte delle competenze del segretario comunale
sono oggi, oltre alla legge, anche lo Statuto e i regolamenti del singolo ente,
nonché i decreti sindacali con cui vengono eventualmente attribuite funzioni specifiche
e ulteriori.
Considerato, pertanto, che le funzioni attribuite direttamente dal sindaco o attribuite
per via statutaria o regolamentare saranno diverse da ente ad ente, le funzioni
che l' ordinamento attribuisce ai segretari comunali possono definirsi a tutti gli
effetti a "geometria variabile", cioè consistenti in un nucleo minimo di base, ampliabile
in relazione alle scelte organizzative dell' ente.
La variabilità è da intendere anche nel senso di "non indefettibilità" di tali funzioni,
che possono anche non essere attribuite.
Il raccordo di tale disposizione con quella dell' art. 109, che fa riferimento al
conferimento di funzioni dirigenziali, evidenzia che è per il tramite di questa
disposizione che il legislatore ammette l' attribuzione anche di compiti gestionali
al segretario comunale. Pertanto, in base a tale disposizione il sindaco può attribuire
al segretario l' esercizio delle funzioni dirigenziali, anche in via statutaria
o regolamentare.
E' possibile, quindi, definire sinteticamente questa seconda categoria come quella
che ricomprende i compiti a contenuto gestionale.
2.3 Funzioni eventuali.
- L' elenco dell' articolo 97, poi, fa riferimento anche a funzioni la cui attribuzione
al segretario comunale dipende da una variabile organizzativa esterna, rappresentata
dalla nomina o meno del direttore generale e se il direttore generale coincida con
il segretario comunale.
E' con riguardo a tali funzioni che sorgono i maggiori problemi di raccordo tra
la figura del segretario e quella del direttore.
3. Le funzioni del direttore generale. Rapporti con le funzioni del segretario comunale.
- I compiti del direttore generale sono delineati dall' art. 108 del T.U.E.L. come
segue:
- attuazione degli indirizzi e obiettivi delineati dall' organo politico;
- predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi;
- predisposizione della proposta di P.E.G.
- sovrintendenza alla gestione dell' ente.
A bene vedere, però, soltanto in relazione ai compiti di sovrintendenza si può veramente
parlare di funzione, mentre gli altri compiti costituiscono delle mere attività.
Limitatamente alla funzione di sovrintendenza della gestione dell' ente il legislatore
si preoccupa di stabilire che la stessa, in caso di mancata nomina del direttore
generale, è comunque esercitata dal segretario comunale (art. 97, c. 4).
Ciò significa che, per quanto riguarda l' attività di sovrintendenza, la sua allocazione
varia in considerazione del modulo organizzativo adottato da ogni singolo Ente.
Le norme citate non brillano per chiarezza della loro formulazione e, soprattutto,
di prima acchito, ne è difficile il coordinamento.
L' uso del verbo "sovrintendere" sia con riferimento al contenuto delle funzioni
del segretario sia con riferimento al contenuto del ruolo del direttore generale
ha contribuito ad ingenerare una certa confusione che ha portato alla sovrapposizione
concettuale dei due ruoli, facendone perdere di vista le differenze.
Alcuni autori, per evidenziare il punto di contatto che esiste tra le funzioni attribuite
al segretario e le funzioni attribuite al direttore generale, parla di competenze
alternative o di competenze trasferibili (nel senso di trasferibili dal segretario
al direttore, se nominato) lasciando intendere una sostanziale omogeneità o identità
tra tali funzioni.
Questa interpretazione contribuisce a rafforzare le difficoltà interpretative legate
alla comprensione della differenziazione tra i due ruoli.
Per superare questa ambiguità è utile ricorrere alle categorie concettuali che descrivono
i diversi modelli di relazioni interorganiche.
4. I modelli delle relazioni interorganiche
- I rapporti che si vengono ad instaurare tra organi dello stesse ente vengono definiti
interorganici.
Il diverso modo in cui tali rapporti vengono strutturati all' interno dell' ente
contribuisce a caratterizzare quest' ultimo sulla base di una ben precisa formula
organizzativa.
Anche in questo campo, come per i modelli organizzativi, si fa riferimento a delle
categorie concettuali generali che agevolano l' analisi delle realtà che si intendono
studiare.
I modelli tradizionali dei rapporti interorganici sono rappresentati dalla gerarchia,
dalla direzione, dal coordinamento e dal controllo.
Ponendo tali modelli in ordine sulla base di una ideale scala di forza ne ricaviamo
un ordine come quello graficamente rappresentato nella figura che segue.
Il parametro in base al quale vengono graduati questi modelli è rappresentato dal
livello di pervasività che l' organo superiore può esercitare sull' organo inferiore.
Tale livello è massimo nel modello gerarchico che corrisponde al tradizionale modello
piramidale che caratterizzava la P.A.
Tale modello si fonda su una formula organizzativa di tipo verticale.
Si considerano generalmente connaturali al rapporto gerarchico i poteri di avocazione
e di sostituzione che il superiore può esercitare nei confronti dell' inferiore.
Per meglio identificare e comprendere il contenuto di questa modalità di estrinsecazione
dei rapporti interorganici si tenga presente che nel modello gerarchico tali rapporti
sono formalizzati nell' ordine.
La formula organizzativa che rappresenta lo sviluppo successivo al rapporto gerarchico
è data dal rapporto c.d. di direzione.
Si tratta di un modello in via di progressiva evoluzione nella struttura amministrativa
che tende a sganciarsi dal più tradizionale modello gerarchico.
La responsabilità del titolare di un ufficio, nonché la distinzione delle sfere
di competenza delineati dal nuovo modello organizzativo della P.A. e degli enti
locali in particolare, presuppone, infatti, che i poteri di ingerenza nell' attività
dell' ufficio subordinato risultino significativamente attenuati.
Alla posizione di direzione, quindi, ineriscono poteri minori rispetto al modello
classico fondato su rapporti gerarchici e, più precisamente, dei meri poteri di
propulsione, direttiva e controllo, per cui ai destinatari di essi rimane una notevole
autonomia di determinazione nella scelta delle modalità di perseguimento degli obiettivi
fissati.
L' atto tipico del potere di direzione è, appunto, rappresentato dalla direttiva
la cui caratteristica è quella di dettare regole di comportamento, lasciando sempre
un ampio margine di discrezionalità all' organo chiamato poi ad applicarla, fermo
restando l' obbligo di quest' ultimo di motivare circa l' eventuale disancoramento
dagli indirizzi.
I poteri di direzione sono meno penetranti, pertanto, rispetto ai poteri di supremazia
gerarchica e hanno fondamento semplicemente nel rapporto organizzativo, per cui
l' organo direttivo non è rivestito della stessa competenza degli organi "diretti".
Il modello del coordinamento è collegato ad un gradino ancora più basso della
scala ideale sopra delineata.
Questo è uno schema fondato sull' attribuzione di competenze ad organi in posizione
equiordinata salvo poi istituire un organo il compito consista nell' indirizzare
le singole competenze creando un programma organico di realizzazione degli obiettivi
comuni.
Il rapporto di coordinazione è definibile, pertanto, come la relazione intercorrente
tra organi preposti ad attività che pur essendo distinte siano destinate ad essere
ordinate in vista della realizzazione di un disegno unitario e del raggiungimento
di risultati comuni.
Esso troverebbe il suo fondamento nelle esigenze di coerenza dell' azione amministrativa
e si traduce in tutti gli atti diretti ad assicurare l' armonizzazione dell' attività
secondo un disegno coerente ed organico in vista di risultati di interesse comune.
Esso si estrinseca, dunque, nel potere, riconosciuto all' organo coordinatore, di
impartire le disposizioni idonee per la realizzazione del disegno unitario. (SANDULLI).
Il coordinamento, quindi, assume particolare rilievo laddove ci si trovi dinanzi
a organi in posizione di equiordinazione, stante la difficoltà di sincronizzare
l' operato di organi reciprocamente indipendenti.
Da ciò ne deriva che l' attività di coordinamento è volta ad assicurare la corretta
valutazione di tutti gli interessi coinvolti e importa la competenza alla risoluzione
dei conflitti eventuali che si possono presentare tra organi equiordinati (nel nostro
caso tra dirigenti) siano essi positivi o negativi, reali o virtuali.
Il contenuto dell' attività di sovrintendenza, invece, rimanda a compiti
di vigilanza e controllo e riconosce, pertanto, la possibilità di sindacare l' operato
di un altro organo a fini di prevenzione e riparazione ed a salvaguardare degli
interessi su cui è chiamato a vigilare.
Viene identificato come un modello autonomo perché non necessariamente l' organo
titolare della funzione di controllo è anche titolare dei poteri necessari per intervenire
con azioni correttive sulle eventuali anomalie riscontrate.
5. La distinzione di ruolo tra il segretario comunale e il direttore generale.
- I modelli interorganici sopra considerati possono essere graduati tra loro in una
ideale scala di forza in ordine decrescente (gerarchia - direzione - coordinamento
- sovrintendenza), nel senso che i poteri allocati ai livelli inferiori sono ricompresi
nel livello superiore, ma non viceversa.
Pertanto nel concetto di direzione è assorbito il concetto di coordinamento e sovrintendenza
ma non viceversa.
Pertanto la specificazione in capo al segretario (quando non sia stato nominato
il direttore generale) dei poteri di coordinamento e sovrintendenza rappresenta
un pleonasmo diretto a rafforzare il concetto del segretario come organo deputato
a vigilare e controllare affinché le disposizioni impartite per garantire la coerenza
del sistema siano rispettate, attivando dove necessario azioni correttive.
Chiarite le differenze concettuali e giuridiche tra i vari modelli di relazioni
interorganiche risulta quanto mai evidente e strano che tra le funzioni attribuite
al direttore generale non si faccia alcun riferimento alla funzione direttiva, che
si ricava attribuita al direttore unicamente dall' etimologia della sua denominazione
nonché, forse, in modo indiretto, dalle altre attività elencate dall' art. 108.
Ma, se è indubitabile che il direttore generale sia titolare della funzione direttiva,
non può che concludersi che il riferimento alla funzione di sovrintendenza nell'
ambito dell' art. 108 è fatta o in senso pleonastico (per le motivazioni sopra dette)
o più probabilmente perché frutto di una imprecisione terminologica per cui si è
considerato il termine sovrintendenza dell' art. 108 come sinonimo del termine
direzione.
Poiché direzione, coordinamento e sovrintendenza rappresentano modelli organizzativi
distinti e autonomi tra loro si ricava in tutta evidenza che nonostante al segretario
spettino, in assenza del direttore generale, le funzioni di coordinamento e sovrintendenza,
i due ruoli rimangono comunque concettualmente e contenutisticamente distinti perché
collocati su gradini diversi della scala sopra delineata.
Pertanto l' ordinamento garantisce che anche in assenza del direttore sia garantita
la reductio ad unum dell' azione amministrativa, ma tale reductio
viene realizzata tramite il modello del coordinamento e non quello della direzione.
Per ben distinguere i contenuti dell' attività di direzione da quella di coordinamento
si tenga presente che il coordinamento alloca le decisioni gestionali direttamente
a livello degli organi coordinati, per cui il coordinatore deve limitarsi a garantire
che le decisioni liberamente e autonomamente prese a livello gestionale non confliggano
tra loro e siano funzionali alla realizzazione del programma organico di realizzazione
degli obiettivi comuni.
Nel rapporto di direzione, invece, parte del contenuto gestionale della decisione
si colloca al livello dell' organo direttivo.
Quest' ultimo, però, non potrà entrare nel dettaglio del contenuto gestionale della
decisione, ma dovrà limitarsi a delineare soltanto gli aspetti generali della stessa,
la cornice.
A differenza che nel rapporto gerarchico, quindi, l' organo direttivo non può impartire
disposizioni concrete e puntuali, bensì definisce, semmai, i contenuti dell' obiettivo
da raggiungere o del risultato da conseguire, senza entrare nel merito né dei mezzi
né, tanto meno, dei tempi, lasciando quindi al destinatario una notevole area di
autonoma determinazione.
6. Conclusioni.
- Al di là delle considerazioni che possono farsi sui risultati di questa ricostruzione,
soprattutto in merito alle conseguenze che la stessa potrebbe (o dovrebbe avere)
sul piano della contrattazione decentrata, è interessante riflettere sui suoi riflessi
organizzativi.
Diversamente, infatti, da quanto sostenuto da autorevolissimi autori in base alle
considerazioni fatte non è sostenibile la tesi per cui sul piano sostanziale, i
segretari comunali, in assenza del direttore esterno, tanto se in possesso di un'
investitura formale delle funzioni di direzione generale, quanto se sprovvisti di
tale conferimento, siano chiamati a ricoprire il medesimo ruolo ed esercitare le
medesime funzioni, nell' ambito dell' organizzazione del Comune.
I due ruoli sono invece distinti, in quanto, se anche in assenza del direttore generale
il contenuto delle funzioni attribuite al segretario comunale è più ampio, rimangono
comunque estranei dalla sua competenza le funzioni tipiche della direzione.
L' attribuzione dell' incarico di direttore generale al segretario, pertanto, arricchisce
il novero delle sue competenze, non unicamente con riferimento alla attuazione degli
indirizzi e obiettivi degli organi di governo, della predisposizione del piano dettagliato
degli obiettivi e della predisposizione della proposta di P.E.G., che rappresentano
soltanto l' esemplificazione di attività che la logica organizzativa non può che
attribuire al direttore generale, se nominato, quanto piuttosto con riferimento
alle competenze tipiche della direzione.
Un segretario che non sia anche direttore generale non potrebbe definire e fissare
i risultati cui l' azione amministrativa deve tendere, ma dovrebbe (e potrebbe)
unicamente garantire che l' attività degli organi tenda al risultato o all' obiettivo
altrove e da altri fissato e determinato.
Ciò consente di meglio comprendere perché l' art. 108 citi, accanto alla funzione
di sovrintendenza, anche delle specifiche attività.
Si tratta di attività strettamente derivanti e/o conseguenti alla fissazione degli
obiettivi.
Questa ricostruzione può costituire il parametro in base al quale risolvere una
serie di ulteriori problemi che si sono posti in merito al rapporto tra le due figure
tra cui quello, rilevantissimo per le conseguenze pratiche, dei modi in cui regolare
i rapporti tra le due figure in caso di coesistenza delle stesse.
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